Premio Filosofico

L’iniziativa nasce dall’esigenza di mettere in relazione due segmenti dell’istruzione pubblica italiana – Liceo e Università – che, per tradizione e pigra autoreferenzialità, hanno vissuto e voluto vivere di luce propria fino ad oscurare tutto il panorama culturale effettivo maturato nelle realtà territoriali di riferimento. Steccati e presunti primati, eccellenze sbandierate a gran voce ma solo utilizzando il linguaggio burocratico delle “comunicazioni di servizio” non hanno saputo intercettare il bisogno di conoscenza del mondo giovanile, quella curiositas sempre più orientata verso ciò che non è scuola, non è lezione, così direttamente o indirettamente quella diffusa ignoranza che coinvolge tutto e tutti. E, tuttavia, anche in tempi come questi che viviamo di grave crisi finanziaria e di disorientamento etico-politico non muore l’interesse per la «filosofia» che, al di là delle accademiche mode «post-moderniste» e «neo-realiste», è in grado di offrire modelli di comportamento al nostro agire «pratico» nel senso nobilissimo delle ragioni della prassi dentro la polis. Perciò questa filosofia ha perso tutte le connotazioni di carattere sistematico, assunte in antico con Aristotele e in età moderna con Hegel e a partire da Hegel, per ritornare a vivere quale «amore per la sapienza» che il livello etimologico del suo dirsi attesta. E questo amore non è ricavabile dagli oggetti né da essi condizionato, questo amore è predisposizione a ricercare la via di accesso al sapere; questo amore non è mai presunzione di verità infallibile e assoluta ma ricerca dell’assoluto, fedeltà alla volontà di cercare un metodo di conoscenza che, senza fare della metodologia una scienza, deve poter accettare finanche la sfida di ogni infedeltà possibile a pregiudizi e conoscenze acquisite. Lo scopo è quello di riarticolare un vissuto dell’uomo contemporaneo fatto di azioni e di idee, di fatti in idee e di idee nei fatti. Da questo punto di vista oggi più che mai c’è bisogno di “filosofia”, di “filosofie” che tendano a studiare le connessioni dei fatti e delle idee degli uomini, storicamente e politicamente, dentro i saperi positivi senza mai sciogliersi in nessuno di essi che pure la scienza del nostro tempo ci rivela di pregnante attualità. E tutto questo per non esprimere cieca fedeltà a uno di essi, confermando sia pure in negativo quella volontà antica di essere regina di tutte le scienze, in quanto metafisica. Il che corrisponde ad un sempre diffuso bisogno di formare e comunicare (nelle forme più diverse e “leggere”, digitali e no, ma tutte programmaticamente antiscolastiche e antidogmatiche) un sapere non ristretto a logore parole-chiave del nostro tempo (dalla programmazione didattica della scuola primaria e secondaria all’ offerta formativa di impronta universitaria), tutte spie di una tendenza a catturare le coscienze dei insegnanti e dei alunni, a coartarle nel segno dell’enfatica dimensione del «commercium» intellettuale per una prospettiva tesa a misurare le quantità e non le qualità del sapere, paradosso del nostro tempo, misurabile e “relativo” (Einstein) ma declinante per crisi di significati.
A intercettare questo bisogno di sapere e di ricerca “filosofica” può contribuire lo studio aggiornato della “filosofia” di Vico, liberato dai logori schemi del “precursore” e dell’eroe pre-romantico in isolato collegamento con la filosofia idealistica estranea al suo tempo, insignificante dal punto di vista filosofico. E’ questa la ben nota impostazione della lettura neoidealistica di Croce e Nicolini che pure grandi contributi hanno dato alla conoscenza del pensiero e degli scritti del filosofo napoletano. Proprio dalle sue opere è partito il progetto di questo Certame filosofico a Bacoli, con lo scopo di accogliere in un meraviglioso sito naturale di rilevante bellezza paesaggistica e archeologica, studenti e docenti liceali, interessati ad assumere consapevolezza proprio di quell’esigenza “connettiva” di cui si parlava che in una pagina del 1709 il nostro Vico esprimeva, riferendola alla funzione pubblica dell’insegnamento, affinché i «maestri dell’università – scriveva – formassero un unico sistema di tutte le discipline, (..) tale da conseguire una uniformità di dottrine da insegnare ufficialmente per la pubblica educazione». Ma ad essere coinvolta è Bacoli e tutto il territorio cumano, perché contribuiscono a documentare la nota tesi (vichiana) dell’antichissima italica e del nesso diretto egizi-etruschi-romani prodottosi mediante le tarde «deduzioni delle colonie», in mare, «per desiderio di guadagno (ma) senza guerra», tra le quali, appunto, l’importantissima Cuma, come si legge in una lunga postilla registrata al margine del codice del Diritto universale per il Principe Eugenio di Savoia.

Fabrizio Lomonaco*
*ordinario di Storia della Filosofia nell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”